La Fontana Benedetta

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    James C. Allen
    Umabel - Serafino - Dottore - Scheda [x]

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    James Christoper Allen è nei pressi della Fontana, i giochi d’acqua sono spettacolari nella notte, quando vi sono solamente le lampade ad olio a far risaltare i colori dell’iride che assumono i getti ed il candore inviolato della spuma, come fosse un dono del mare. Ha le braccia incrociate al petto, appoggiato la spalla sinistra alla colonna di marmo, cerca di ricordare la Chiesa dei Poveri, la sua bellezza e la ricchezza conservata in tempo di guerra. La sua aura è serena, si dirama nel’aria, come un vento fresco, avvolge e riparata, sostiene e rafforza, intrisa della Carità del Cielo e delle emozioni di Uomo e di un Angelo è piacevole, se non muta in un grido di battaglia.
    L’uomo è il tipico inglese sui quarant’anni, ha corti capelli color cenere, orecchie leggermente sporgenti ed il viso ha sottili rughe attorno alla bocca ed alle palpebre degli occhi grigi, la fisionomia è decisa ma non dura, la postura dritta ma non marziale. Indossa una maglietta a maniche corte blu, un paio di jeans scuro e scarpe sportive nere, ha la fede nuziale al dito, ma nessun gioiello particolare.
    Gli Angeli sono ovunque, volano o camminano, sorvegliano o hanno reciproca compagnia. Alla porta c’è Mattia, in forma Umana e con tanto di collarino da prete, sorridente e calmo, fa passare John lungo i corridoi, che paiono sempre illuminati, anche se avvolti nella naturale ombra serale, che parla del ritorno al presente in senso vago, leggero, salvo poi farlo arrivare dal nipote.
    Il Serafino ringrazia il fratello, ci sono un paio di Angeli che sfiorano l’acqua con le dita, nel loro volo ed il getto assume i colori delle loro ali, un tenue lilla, un blu intenso.
    «Ciao, come stai?» domanda con voce profonda, il tono è sinceramente affettuoso e accomodante: «Noi stiamo bene, anche i bambini. È stato un po’ strano per tutti, ma alla loro età, sono in grado di rivedere la realtà e Moki-Moki evita abbiano brutti ricordi o domande che destino sospetti a Londra.» racconta l’attività omertosa del Coniglio, messa così, pare che addestri picciotti.
    «Vuoi qualcosa da bere?» chiede, siccome non sono tutti come lui, esistono alcolici al Monastero, scorrono a fiumi.
    «I'm a Doctor, which means I can break every bone in your body, while naming them.»
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    John Sinclair
    Ogni volta che mette piede al Monastero, ha sempre la sensazione di essere fatto. Per questa ragione, quando raggiunge il nipote vicino alla fontana, ha l’espressione fin troppo placida e tranquilla. Poco da lui. Davvero molto poco da lui. Osserva l’acqua, i giochi che compie, e come si riflette in piccole stelle contro il cielo, per poi sospirare. Deve abituarsi al clima di benessere che si respira, o potrebbe iniziare a contare qualche canzone di Bob Marley. Annuisce. Sì, sta bene. Anche se ne ha scoperte tante da quando ha messo piede a Rennas, le ha passate tutte. Non è stato facile digerire la morte di Cailean nell’arena accanto a lui e come è nascerà Emil, ma per il resto, l’ha passato tutto piuttosto bene. - Immagino che sia il momento di dire che la vita è una ruota e che tutto torna.- mormora pensoso mentre continua ad osservare la fontana. Sospira e scrolla leggermente la testa. - Non è stato facile farlo capire a Ygraine. Non ha passato un giorno della sua vita lontana dal fratello e credo che, fino a quando non ha messo piede a Rennas, non si credeva capace di sopravvivergli.- Non sembra, a guardala, con i suoi modi di fare alteri, e la sua espressione gelida, ma l’erede di John Sinclair è una persona molto buona e dolce. Altrimenti non si sarebbe accollata tutti quegli orfani in quel mondo che è da evitare. E’ vestito come al solito, il perfetto roelliano, come viene descritto nei racconti della figlia e nei disegni della nipote. La mantella verde lo copre fino ai polsi, e per il resto, indossa i solito pantaloni marroni, stivali di pelle dello stesso colore, e le spade, che non ha lasciato all’ingresso assieme alle altre armi, che erano di Meredith, ai fianchi. Alza il viso verso James, e scrolla la testa. Non gli va di bere. - Preferisco non bere, ultimamente ho esagerato. Sai , quando ho saputo che prima di morire sono stato montato come un comodino da Serpesia, ho cercato di bruciare quanti più neuroni possibile.- Peccato che non abbia messo in conto la sua resistenza da cavallo e gli ultimi ottant’anni passati a sbronzarsi per dimenticare. Accenna un leggero sorriso che gli fa socchiudere leggermente gli occhi. Ha un look particolare, diverso dal solito. Ha i capelli abbastanza corti, ma invece di essere sbarbato, come sempre quando torna dal barbiere, ha una bella barba scura, folta e visibilmente morbida. In uno dei disegni di Meredith, è proprio rappresentato così. Si tocca il mento - E’ da quando è nata tua madre che non portavo la barba così lunga, ma Lileas ha detto che sto bene, e così.- se l’è lasciata, anche se non è più in quel mondo.
    ❝ One day I'll remember. I'll remember everything that happened: the good, the bad, those that survived… And those that did not. ❞
    SCHEDA ROELLIANO 427 ANNI CAOTICO BUONO
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    James C. Allen
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    James Allen ha passato giornate movimentate, annuisce leggermente, aspetta a rispondere: «Ho attraversato diverse fasi, anche perché la mia Legione è stata decimata, le difese annientate. Non ho potuto salvare mia moglie, non ho potuto salvare i miei bambini, né aiutarli a crescere. Ho creduto di aver fallito, ma in quel momento, non avevo altra scelta.» fa un lungo e pensoso sospiro, si raddrizza per guardarlo in viso. «Ygraine è forte, coraggiosa, come Cailean. Sono portati ad adempire al dovere, in qualsiasi circostanza. Non si permettono a nulla di annientarli, l’hanno dimostrato molte volte.» fa una pausa. «Lilien mi ha portato dallo zio, il più piccolo e sente la distanza con la mamma. La nonna riposa a Londra con mia madre. Se voleste, potremmo spostarlo, riunirlo anche a sua sorella.» accenna un sorriso malinconico, Meredith aveva un fratello, non l’ha mai potuto abbracciare, in vita.
    «Ti riconosco, la mamma era brava in disegno, aveva un buon occhio e una mano precisa. Mi diceva che era come s’immaginava il cavaliere dei racconti. Ne abbiamo parecchi, di suoi ritratti, schizzi e paesaggi. Usava il carboncino, la matita, ma era capace di usare i colori, ha insegnato qualcosa a Tillie, poi la nonna e Tillie hanno fatto lo stesso con me. Non poteva parlare di prospettiva ad un bambino, non della mia età, ricordo che mi insegnò i nomi dei colori. Usò dei giocattoli, rivedo i suoi occhi che brillano, quando farfuglio qualcosa.» si umetta le labbra, una manciata di immagini, non ha altro della donna che l’ha messo al mondo.
    «Il motivo per cui non bevo, alla fine. C’è sempre una ragione.» si stringe nelle spalle. «Serpesia, abbiamo scoperto che era una schiava di Livia. Caos non era gentile, non quanto la figlia.» fa una pausa: «Lei era una ragazzina strappata alla vita, ingenua, senza altro linguaggio che la violenza. Una sera, Caos le diede un calcio e finì sul pavimento, Ixo si alzò da tavola e la sollevò per un braccio. Ixo doveva passare, calpestare una schiava era un insozzarsi e non vi era alcuna gentilezza ma per Serpesia, che la gentilezza non sapeva che fosse, si convinse che Ixo nutriva qualcosa per lei, nacque la sua ossessione per Incubo.
    Livia voleva scappare con Serpesia, ma lei si ribellò, minacciò di avvertire Caos, così Jiroshi e Livia fuggirono.»
    non può evitare di provare compassione per la donna, sospira:«In seguito, durante una battaglia, tuo padre trovò una donna prigioniera in una tenda. Era Serpesia, punita per la fuga di Livia, passata da un Demone all’altro. Lui provò a liberarla ma lei non volle, perché voleva stare vicino a Ixo. Desistette, quando ti vide, gli ricordasti tuo padre, il suo gesto di altruismo e così non poté scordarvi.» rilassa le braccia lungo i fianchi. «Serpesia non sa cosa sia l’amore, non l’ha mai vissuto. È stata una schiava, torturata, violata, senza conoscere altro che sopraffazione e dominazione. Emil sarà la sua rovina. L’amore di madre, il sentimento sconosciuto, più desiderato, la distruggerà. Morire perché scoprirà di poter amare.» introduzione lontana dell’argomento ‘redenzione’.

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    John Sinclair
    Aggrotta la fronte. Non riesce a seguire il discorso. - Non ho capito.- mormora. Non ha idea che suo nipote si manifesta di tanto in tanto nel cimitero di Roel, piangendo disperato perché vuole la mamma, e allo stesso tempo, non ha idea che Cailin, a Londra, gira per le tombe alla ricerca di qualcosa che non riesce a ricordare. Altrimenti avrebbe già spostato il bambino, ponendolo nella terra accanto alla tomba della madre. Vuoi spostare Jonah? Si può fare, ma perché?-
    Ha letto quel libro. È stata una delle prime cose che James gli ha dato, e ci ha pianto sopra come un bambino. Si è visto attraverso gli occhi della figlia, un eroe fallace, ma pur sempre un eroe. Non si aspettava che Cailin lo vedesse così . Non dopo che non è riuscito a salvare Jonah. Dopo che non è riuscito a riportarle Meredith. Eppure ci sono racconti datati dopo la morte della Rosa Bianca, dove l’affetto per lui è sempre lo stesso. È sempre descritto come un cavaliere errante, alla ricerca della sua casa, e della felicità che un tempo aveva. - Non ho mai saputo che sapeva disegnare fino a quando Cailin non si presentò al ristorante con quel quadro che è appeso in sala.- Un quadro di Cailin da giovane mentre si pettina allo specchio della toletta. Un work in progress, a cui mancano porzioni di colore e particolari, ma allo stesso tempo capace di trasmettere la serena bellezza del soggetto immortalato, e l’abilità della pittrice. Sorride, quando James gli dice che, alla fine è per questo che non beve. Alla fine si somigliano molto più di quanto qualcuno potrebbe pensare guardandolo in superficie. - Per anni, dopo la nascita dei gemelli, non ho toccato un goccio. Poi Meredith è morta, ed era l’unico modo che avevo per dormire.- Sbronzarsi fino a non capire più nulla - E alla fine, credo che sia diventata un abitudine. Sbronzarsi. Spegnere il cervello. Non pensare grazie ai fumi dell’alcol.-
    La triste storia di Serpesia, non lo tocca per nulla. James, empaticamente parlando, avrà la sensazione di scontrarsi contro un muro di gomma. Tutta la pena che cerca di far defluire nel cuore di John, scivola via, come se fosse respinta. Non proverà mai nulla per Serpesia all’infuori dell’odio, è chiaro. Annuisce, per partito preso, mentre va a sedersi sul bordo della fontana. - A nonno, mi dispiace, ma non sento nulla. se un tempo, forse, sarei stato in grado di provare anche un minimo di dispiacere per quanto patito da Serpesia nel corso della vita, ora, non ci riesco. Quella donna mi ha tolto tutto, anche la capacità di provare compassione - sospira - Rideva, mentre Beatrice moriva, mentre Meredith moriva. Lei rideva. La sua risata ce l’ho ancora nelle orecchie. Sospira - Non ce l’ho con Emil per sua madre, nessuno sceglie come venire al mondo, e cazzo, hai visto quanto mi somigliava, sembravo io da giovane- ride, come se adesso fosse vecchio. Ma si capisce cosa vuol dire. Emil è un ragazzino - Credo che gli piacesse la nanetta, la figlia di Gilroy della Montagna. Comprensibile, mai vista una nana più bella. Gilroy non è del tutto un nano, è mezzo Elpis, credo che sia per quello. -
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    James C. Allen
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    James muove qualche passo, ricorda il quadro e altri ritratti, altri disegni fatti da Meredith, insieme ai racconti della nonna, alle frasi che credeva magiche ed erano reali.
    «L’ho sentito piangere.» alza la testa per guardare John: «Il bambino, mio zio. Lilien e Belle cercano di calmarlo, ma vuole stare con la mamma e la sorella, immagino. È stato poco con lei, se potesse essere al suo fianco, come deve essere, io sono certo che avrebbe la pace.» s’impunta, in effetti, lui è stato strappato alla madre ed è ovvio, desideri una vicinanza fisica con lei, perché non l’ha mai avuta. «Chiedi a Lilien, io non mi sono inventato nulla.» dice alla fine, non vuole profanare una tomba, ma la Strega è stata chiara, non può fare molto altro, se non parlare al nonno.
    James alza lo sguardo, fa un sospiro: «Io ero spento, mi pareva. Sapevo che avrei bevuto qualsiasi cosa, non dovevo iniziare, non potevo.» ribatte con una smorfia. «Adesso, non penso di avere lo stesso rischio, ma se sono teso, angosciato, potrei sforare e non è una mancanza che mi pesa, bevo altro, preferisco restare lucido.» si stringe nelle spalle.
    Il Serafino ascolta, silenzioso e comprensivo, non si aspettava un pianto sommesso, non può trattenere la compassione, ma il suo giudizio non è mai cambiato.
    «Non ho mai creduto che potessi vederla diversamente, purtroppo, se fosse stata salvata da ragazzina, se non fosse divenuta una schiava, sarebbe stata una donna normale e della sua epoca. È qualcosa che spettava a noi.» indica il Monastero: «Se una creatura umana è sottoposta al tormento diabolico. Qualcuno doveva vegliarla e non l’ha fatto, ma il Padre sa.» termina, per quella creatura celeste ci sarà un brutto quarto d’oro, ma pure venti minuti.
    «Emil è un ragazzo coraggioso e sì, la regina dei Nani aveva un debole per lui. È graziosa, l’ho vista spesso con la madre, oltre che con il padre ed i fratelli. La morte di una Elpìs è un atto sacrilego, imperdonabile, quei Trolls hanno offeso il Cielo, osando… Uccidere la Portatrice di Speranza.» annuisce serio, non si uccidono gli Elpìs, perché Raffaele ne soffre.
    James si avvicina a John, guarda la fontana e poi l’uomo: «Non dobbiamo sbagliare, ne va di mezzo la vita dei nostri figli.» sembra che sia un altro argomento, invece non va troppo lontano.
    «Tu sei il Padre di Roel, sei tornato e hai messo ordine nell’esercito, nel Borgo.» fa schioccare la lingua nel palato. «Devi sapere quel che accadrà, perché colpirà te e pensa ad Emil, a Lileas, a Lilien, a Cailean, a Ygraine. Non sei solo, hai una famiglia e dobbiamo evitare sia distrutta.» finisce l’altra frase, Umabel solleva un po’ l’aura. «Tu sai che Finegar non è morto. Egli vive nel Regno di Biriam. Sai che dobbiamo chiudere i conti col Passato, poi andare nel Futuro, John.» fa una pausa, lunga e meditabonda. «Finegar deve ritornare, come deve tornare Ennas. Abbiamo da stravolgere buona parte del Regno, John e per salvarci, dobbiamo guardarci indietro. Finegar non può essere disperso, usato ancora una volta. Appartiene a Erellont. Non c’è altro posto per lui.» non è felice, non può esserlo, ma è serio.
    «Non credere voglia abbracciarlo, io speravo fosse morto. L’ho sperato ma è vivo e se è vivo, c’è un motivo e noi faremo in modo che sia per nostro vantaggio.» sfoggia il senso pratico degli Angeli, se può servire, lo lasciamo in vita e se si redime tanto meglio.
    James non concede nulla di più a Finegar, non in quel presente fumoso, in cui vaga senza cognizione di sé.

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    Annuisce. Ha capito la situazione. - Potete farlo voi…Io non ho il coraggio.- L’ultima volta che l’ha avuto fra le mani, quel povero bambino era caldo per il sangue suo e della madre. Rischierebbe di avere una crisi di nervi a trovarselo di nuovo in braccio. Si morde le labbra pensoso mentre osserva il terreno fra i suoi piedi. Non si aspettava, evidentemente che suo nipote si facesse sentire dall’aldilà, per poter andare dalla madre e dalla sorella minore. - Mi ricordo quel giorno, Finegar uscì piangendo dalla camera da letto del re e della regina. Mi impedì di entrare, dicendo che di Cahoime non c’era rimasto niente. Non l’avevo mai visto in quelle condizioni. Subito dopo uscì Ennas tenendo il bambino fra le braccia. Era riuscito ad attirarlo verso di sé, mostrandogli Winny.- Il bambino si era avvicinato attratto dal riccio e il re l’aveva preso in braccio e portato fuori - Era coperto di sangue della madre. Sembrava uscito da un mattatoio. Cahoime era una donna molto carina.- E’ raro che faccia un complimento a qualcuno, la defunta regina dei nani doveva essere una persona davvero eccezionale per strappargli un simile commento. John impiega qualche secondo per capire il cambio di argomento. Guarda il nipote immobile, prima che i fili inizino ad intrecciarsi e lo shock lo travolga. Balza in piedi - Non me lo stai chiedendo davvero.- Si porta una mano al viso. A Rennas, per quanto quello che aveva di fronte, era il Finegar che aveva conosciuto e amato, non si è mai smosso dal suo odio nei suoi riguardi. I peggio epiteti,il rancore silenzioso, non gli ha fatto mancare nulla. - Appartiene a Erellont? Appartiene alla mia dannata spada che gli ficcherò su per il culo quando lo incontrerò e non pensare che sia solo io a volerlo appeso per i coglioni ad un ramo. Seria ha perso Eri per colpa sua. Finn ha perso mamma, papà e Sarius. Come diavolo vi salta in mente?-
    In questo momento, James si accorgerà di una presenza alla sinistra di John. Si tratta di una donna, vestita alla maniera dei Roelliani, con la mantella verde, e sotto la tenuta da battaglia. Ha il viso ovale, lunghi capelli biondi, e brillanti occhi celesti. Per un attimo, il Serafino potrebbe pensare di trovarsi difronte alla madre o alla nonna, prima di accorgersi di tutte le piccole differenze che identificano la persona accanto al Padre di Roel come Beatrice. Ha un accenno di ali dietro la schiena, ali bianche, leggermente spiumate, si sta guadagnando il cielo come angelo custode del marito. La donna sorride socchiudendo bonariamente gli occhi - Ciao tesoro della nonna.- mormora.
    John si gira, sembra aver capito che c’è una manifestazione, ma non si rende conto di chi è.
    -John ha dimenticato chi era il Finegar che adorava tanto, per quello che lo ha pugnalato guardandolo negli occhi, devi farglielo ricordare. Chiedigli di raccontarti quando è stato rapito dai demoni della sabbia. Aveva dieci anni. -
     
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    Umabel - Serafino - Dottore - Scheda [x]

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    James Christoper Allen non ha quei ricordi, sono di Umabel e la vendetta sui Trolls non si fece attendere, come era nella Giustizia del Cielo.
    «Era una donna di rara bellezza, di grande dolcezza ed era coraggiosa.» la voce di James assume la sfumatura senza inflessione di Umabel: «Ucciderla fu un atto di deliberata crudeltà, come non ne ha meritava. Azrael è arrivata per condurla nella Rosa dei Beati, eppure dovette attendere che la sua agonia fosse terminata, non lasciarono che Raffaele prendesse la sua diletta, temevano reagisse con violenza e non era ancora il tempo.» spiega a John. Umabel vide l’arrivo della Elpìs, Pandora che l’abbracciava per distrarla, ma lei chiedeva del figlio.
    «Parlerò con Lene, vedremo per il piccolo. Non voglio fare nulla di male, ma se ha ragione Lilien, agire è un gesto di misericordia.» si limita a far notare, non ha alcuna ansia di spostare cadaveri di parenti stretti.
    «Winny ha veduto, una cara creatura, sa essere forte e Gilroy IV ha amore da lei, così accomodante con un bimbo muto.» afferma, lascia che la frase rimanda nell’aria.
    Finegar ha lasciato che Winny finisse nelle mani di Phobos, che fosse imprigionata, violentata, costretta a essere ‘sposa’ del suo aguzzino, James ha sperato che Finegar fosse morto, fosse uscito dall’esistenza di ogni abitante, che aveva tradito, ferito, ucciso.
    Il Serafino alza la mano sinistra, non si sente una sola voce, lascia che John parli e non blocca, né vuole farlo.
    «Io non l’ho deciso.» specifica con voce grave: «Io so che accadrà, non vorrei essere presente. Sai che io obbedisco ad altri ordini. La scelta di portarlo a Erellont è dettata dal buon senso, supportata da alcuni, ma non dalla Legione. La Legione non consentirà che Finegar sia inconsapevole, ucciso senza ricordare il suo nome. Lui dovrà ricordare tutto, quando sarà avvenuto, deciderà se pentirsi ed espiare o meno. Nel secondo caso, la vostra giustizia potrà agire tranquillamente, nel primo caso, la nostra dovrà consentire il cammino verso la redenzione. Non è una nostra esigenza, ma è sulla nostra strada e noi ci atteniamo alla Parola. La redenzione porta al Padre, è un percorso sacro, John. Non ho alcuna scelta, se non ordinare che lo veglino. Non lo desidero, ma ciò che io sento non può avere alcuna ripercussione nei fatti. Io devo sottomettermi alla Parola del Padre e Signore.» più chiari di così, James non può essere. Fa il suo dovere, se mai tornasse l’uomo buono che ha scorto, giungerà il perdono ma al momento, Finegar è solo un disperso.
    James usa la mano sinistra per salutare Beatrice, un po’ sorpreso. «Somigli tanto alla nonna, alla nonna Cailin.» pare lo dica a John, che non ha proprio la grazia della figliola adorata.
    «Nonno, quando avevi circa dieci anni, fosti rapito dai Demoni della Sabbia, chi ti aiutò?» domanda, come se fosse la proposta per la cena, finge un tono noncurante, di cui che pensa quel che dice, non che è stato imboccato dalla nonna, guarda l’acqua e di striscio la nonna.


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    Il ragionamento di James, non sembra aiutarlo a digerire quanto sta per accadere. Odia così tanto, per ottanta e passa anni, non ha fatto altro. E ora non sembra più capace di ricordare cosa vuol dire perdonare. Beatrice lo osserva grave, il bel viso piegato verso una spalla. - E’ stato lui.- risponde al nipote mentre si volta verso la fontana - I demoni della sabbia all’epoca governavano la miniera di Nexos a Nord di Erellont. Rapivano roelliani e ennasiani per farli lavorare lì.- racconta con voce monocorde - Fui preso assieme a Beatrice, e fummo costretti ai lavori forzati. Per quasi due mesi, lavorai in quel posto dimenticato da Dio.-
    Alza leggermente la maglietta, e mostra al nipote, i segni di quel periodo di schiavitù. Le botte che si è preso perché non voleva saperne di fare il bravo, sono ormai ombre scure sulla pelle, ma facili da identificare per un medico. - Finegar ci trovò, il Gran demone non voleva saperne di restituirci, e così, proposte uno scontro, La mano del sole, contro il suo campione. Finegar accettò.-
    Beatrice sorride mentre ascolta il marito parlare - Vinse facilmente, com’era ovvio, ma il demone. Beh, era un demone. Non accettò la sconfitta. Era chino su di noi, quando lo caricò.-

    Umabel offre a James la visione di quanto accaduto. Il guerriero è chino sui due bambini, li sta liberando dalle catene che gli blocca i polsi e le caviglie, quando viene letteralmente travolto da un demone. Si ritrova a venire sbattuto contro il muro dietro John e Beatrice, e rimane lì, il demone è noto per nutrirsi di carne di bambini ed il rischio che divori i piccoli pur di non lasciarli andare è altissimo. Sanguina su Beatrice e John che urlando terrorizzati, mentre il demone gira le corna nelle sua schiena e poi le tira fuori, poi di nuovo le affonda quasi fino alla base. Sembra tutto finito, quando nel cielo , un esplosione. Una pioggia di fuoco, e una voce, che intima al demone - Bute, lasciali andare!-
    James riconoscerà Umabel, in quella creatura fatta di fuoco.

    - Venimmo salvati da un angelo in forma eterea. Una creatura fatta di fuoco, a cerchi che giravano o almeno credo che girassero, non sono stato molto a guardarlo. Ero un ragazzino, non era il primo angelo che vedevo, ma fino ad ora, avevano tutti forma umana e quindi non mi avevano spaventato tanto.- Poveretto, non ha idea che, molti di loro, hanno solo la buona creanza di mostrarsi umani per non spaventare il loro interlocutore.

    L’angelo plana dolcemente fino a terra, Bute è ridotto ad un ammasso di cenere, così come tutti i demoni della miniera, tutti i minatori sono liberi. Beatrice si avvicina all’angelo, lo tocca per nulla spaventata, e si volta verso John - Johnny non scotta, toccalo pure tu !- Il bambino scrolla la testa, come a dire che col cazzo che si avvicina. L’angelo sembra ridere, un suono dolce, che distrugge quel luogo di morte, per poi far sorgere al posto di esso, un bel prato fiorito, con acquitrini, fiori che sembrano far musica ad ogni colpo di vento. - Mai giudicare qualcuno dal suo aspetto, John. Molti angeli hanno un aspetto spaventoso, ma sono fatti di ogni atto di bontà che Dio padre ha dato agli uomini. Lo stesso vale per gli uomini, i sogni, e tutte le creature che esistono. Molte di loro potrebbero farti paura, ma devi sempre dare loro una seconda occasione. Capire i loro gesti, perché non sai mai cosa può aver mosso qualcuno, cosa c’è nel cuore di un uomo, se non parli con lui.-
    Finegar è steso fra i fuori, la ferita si sta chiudendo, merito forse dell’angelo o suo, che si sta rigenerando, impossibile saperlo. Il bambino lo guarda per un momento, poi si avvicina all’angelo. Lo tocca, e visto che è un bambino, e quindi ancora puro, non si scotta. - E’ vero, non brucia.- mormora. L’angelo s’invola, i due bambini lo guardano per un momento - Ehi, ma sta rincorrendo un piccione?- esclama Beatrice. Finegar ride -Oh, sì, a lui piace farlo. Li rincorre e basta. Gli angeli si divertono con poco.- Sopra i due bambini sfreccia da una parte all’altra uno stormo di piccioni inseguiti da Umabel.

    Deve aver ricordato anche John, perché quando James torna a prestargli attenzione, sta piangendo a calde lacrime, con una mano sul viso. Beatrice lo guarda con dolcezza - Per tutta la vita ha sempre idolatrato Finegar, voleva essere come lui, un eroe, e poi di colpo, Finegar gli ha portato via tutto. Si sente tradito dalla persona verso la quale provava una devozione cieca, ma presto ricorderà quanto lui gli ha insegnato, e aprirà di nuovo il cuore, non solo verso di lui, ma anche verso gli altri. Lo so, lo conosco bene.- Si volta verso James, e lo saluta con un cenno della mano - Non smettere mai di provarci, con lui.- tace per un attimo, per poi aggiungere - Lucy è con me, Cailin, Meredith, Christopher e Joseph . E’ molto felice di avere dei fratelli.- Fa ciao con la mano quando sparisce e per un attimo, l’uomo avrà l’impressione di vedere la sua adorata figlioletta, accanto alla trisavola, che lo saluta felice con una mano, aggrappata con l’altra al lembo della mantella della trisnonna.
     
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    Umabel - Serafino - Dottore - Scheda [x]

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    James Christoper Allen fissa Beatrice e non può sorridere ma gli occhi brillano, aspetta che John dia la sua risposta, vi è qualcosa di famigliare, Umabel ha salvato molti bambini dai Demoni, così come altrettanti adulti, però sente che in quello scorcio di passato c’è qualcosa di noto, ma non all’Uomo, solamente all’Essenza Angelica.
    Umabel utilizzava la Forma Eterea, perché non aveva un Tramite e amava la creazione del Padre, volteggiava nel cielo, si abbassava per chiacchierare o dare maggiore luce al tramonto, non era strano che proteggesse gli abitanti di quella Terra, era scontato.
    Scuote il capo, Beatrice e John erano i bimbi salvati dalla furia di Bute, ricorda di aver curato Finegar, di aver dato al luogo un nuovo aspetto, non più spaventoso, di essersi fatto sfiorare dai ragazzi e dal Roelliano, perché Umabel si crede perfettamente normale, sebbene non lo sia per i canoni terreni.
    «Ero io.» alza la testa con un sorriso sorpreso: «Io vi ho intravisti, ho avvertito la presenza di Bute, la paura, ho compreso il rischio. Avrei potuto agire prima, ma credevo che Bute sapesse di noi, non osasse attaccare in maniera così stupida. Mi ero sbagliato e vi ho fatto vivere una brutta avventura.» guarda John Sinclair.
    «Io sono un essere di luce, non di fuoco. Vi spaventai, ma Finegar vi spinse a fidarvi, anche se non ho nulla di Umano, solo fiamme in cerchi abbagliati che vorticano nell’aria. Questo è successo: non ho chiesto, non ho pensato ma voi siete cresciuti nel luogo che io proteggevo.» passa la mano sulle labbra.
    «Ci siamo già incontrati e non l’ho scordato, ma non ho subito compreso che potessi essere tu.» mormora. Ha senso, se sei un Angelo.
    Beatrice parla, lui fa un cenno con il capo, menziona sua figlia, sua madre, sua nonna e suo nonno, si schiarisce la gola.
    «Sono felice di essere con voi. Ogni cosa è stata progettata per avvenire, un filo che lega le perle di una collana, un intreccio di eventi, che sai non essere dettato dal caso. È parte della nostra Via. Non vi poniamo attenzione, sino a quando non è sotto al nostro naso. Io ho salvato Finegar, sarebbe stato ucciso, voi con lui e non sarebbe nata Cailin, Ygraine, Cailean, mia mamma e mia sorella, né io e non avrei avuto i miei quattro figli. Non lo sapevo, allora, adesso lo capisco. Ho salvato la mia famiglia. Io so che tu puoi capire.» fa un cenno alla nonna, non smetterà mai di provare a donare nuova speranza a quell’anima ferita.
    «John, non potrei mai fare qualcosa per nuocere a te, alla nostra famiglia. Lo sai. Non ti chiedo niente, non ti prometto nulla, se non che saranno tempi difficili ma noi li possiamo superare. Okay?» si accosta al nonno, cerca di posargli la mano destra sulla spalla.


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    John Sinclair
    John lo guarda fra le lacrime. Non riesce a capire sulle prime, poi spalanca gli occhi. Era Umabel quell’angelo? Accenna un piccolo sorriso, che poi diventa una risata genuina. Ora, come ha già detto Lileas in passato, ci vorrebbe una macchina fotografica per immortalare il momento. - Già.- mormora. Se fossero morti quel giorno, Cailin non sarebbe nata, e da lui, non sarebbe venuto giù l’albero genealogico che conosciamo. - Mio padre diceva che tutti siamo fili di un arazzo.- mormora. E il filo di Umabel l’angelo era legato ai roelliani molto prima che si incarnasse in James Allen. -Perché rincorri i piccioni?- chiede direttamente all’angelo mentre si asciuga il viso con lo scollo della mantella. Si rende conto di non stare dando uno spettacolo di forza e virilità, e leggermente arrossito, si gira per cercare di darsi una rassettata. È un tipo schifosamente emotivo, anche se non si direbbe nella vita di tutti i giorni, ed è una cosa che, non è cambiata. - Tua nonna mi chiamava piagnone, e non è che avesse torto.- Si lascia poggiare una mano sulla spalla, e ci batte sopra la sua, mentre annuisce. Permetterà che Finegar venga richiamato. Tira fuori il globo, e lo porge all’angelo - Prima che cambi idea.- mormora chiudendogli la mano attorno al globo che serve per richiamare Finegar dal suo oblio di Biriam. -Cailin non lo ha mai odiato.- mormora - Aveva ucciso lei, loro figlio, ma quando parlava di lui, diceva di essere certa che ci fosse ancora del buono in lui.- Si siede di nuovo sul bordo della fontana - Quello che hai conosciuto a Rennas, era lui. Era il Finegar che ho conosciuto anche io, Cailin aveva ragione, c’era ancora del buono in lui.- sospira - Aveva spesso ragione, e tendeva a vantarsene.- ridacchia scrollando la testa - Non dimenticherò quanto ha fatto, ho perso mia moglie, la donna con cui ho passato più di trecento anni, mio padre, mia madre, mio nipote e Sarius. E’ probabile che glie lo rinfaccerò fino all’ultimo giorno della mia vita, ma se può essere salvato è giusto che lo sia. Erellont ha bisogno del suo campione, come ha bisogno del suo Re.-
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    James C. Allen
    Umabel - Serafino - Dottore - Scheda [x]

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    James annuisce, ha visto come fosse destinato a vivere con Marlene, la ragazzina scelta da Azrael, come l’abbia incrociata più volte nel suo cammino, lo stesso vale per i Sinclair. Non piange con facilità, le emozioni si sfogano nell’aura, che sembra avere maggiore calore e lui rimane immobile, come imbambolato per alcuni secondi.
    «Ha ragione, la nostra vita è un filo e si intreccia con mille altri, a volte è una casualità ed altre è un Disegno. Tu sei il Padre di Roel, sei l’eroe di quando ero bambino, so che non puoi tornare indietro, ma sappi che siamo con te. Hai cresciuto dei figli coraggiosi, hai avuto una nipote meravigliosa. Hai amato una donna eccezionale e questo non può farlo, un uomo mediocre o chiuso nella sua rabbia. Io so chi sei.» dice alla fine.
    James abbassa il capo, ride piano a quella frase. «Lei conosceva la tua sensibilità e il tuo sorriso.» prende fiato, come ne avesse un disperato bisogno, deve pensare ma lui vede segni benevoli, che donano forza e speranza.
    Non sente che un poco di sorpresa nel trovarsi il globo davanti, la domanda su come debba funzionare è pleonastica, lo sorregge fra le mani, lo guarda come l’uomo che scopre il fuoco. Il ritorno di Finegar non passerà dal suo ingegnoso piano, bocca socchiusa, aria smarrita di chi studia un buco nero.
    «John.» alza il viso, che aveva pure un’espressione spaesata. «Grazie.» vuole dire molto altro, spiegare, illustrare, ma le frasi sono aria e lui può capire, può sapere, può intuire. Troveranno il buono che è rimasto in Finegar, camminerà verso la redenzione, come desiderava sua nonna, James non pensa sia ingiusto, si sente confuso, ma con il tempo, capirà come agire nel modo migliore.
    «Se vuoi, ci sono ancora i bambini.» lo invita a distrarsi un poco, lui pensa inevitabilmente alla sua prima figlia, al pensiero che sia felice, anche se non può giocare con i suoi fratellini, ma loro la conoscono, l’hanno vista in fotografia.
    Fa un cenno col capo, il globo sarà messo al sicuro, non finirà in mano a Celia, il Serafino è scrupoloso, poi si dedicherà alla scoperta di come si richiama un uomo da Biriam, era rimasto al manovrarlo, come un pupazzo e serve altro.
    Guarda l’oggetto, lo metterà vicino a Jiroshi, forse avrà qualche effetto, in caso, sembrerà un cretino.


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