Interno: l'Orsa della Legione

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    Le sale della National Gallery sono usualmente la meta prediletta dei turisti, degli appassionati di arte, le aree di ristoro, i piccoli negozi catturano altrettanti curiosi, che amano passeggiare sino all’orario di chiusura. C’è un incessante cicaleccio, che non sfocia nel chiasso, anche i gruppi fanno sfoggio di buona educazione.
    Il magnifico dipinto ‘Venere e Marte’ di Sandro Botticelli è tra le attrazioni principali della camera orizzontale, fresca e luminosa, la donna attende, seduta su uno dei divanetti, posto innanzi al capolavoro, che ella studia, con espressione seria, la dea e ha occhi scuri dallo sguardo brillante, insieme profondo; il volto ha il dono della giovinezza, coniugato a una bellezza antica; i suoi lunghi boccoli castani sono morbidamente intrecciati, chiusi da un fermaglio rigido con decorazioni turchesi, d’oro, bianche, a pochi centimetri dai fianchi. Il corpo è snello, femminile, in cui le curve sono accompagnate dall’asciuttezza atletica è avvolto in un abito azzurro dalle spalline sottile, il corpetto è cinto da una sottile cintura dorata, come le bordature dell’abito, che sfiora le caviglie sottili, calza sandali dal tacco alto ed i suoi gioielli sono un bracciale a fascia in oro con incastonati lapislazzuli e turchesi, gemme preziose che spiccano sulla collana con dettagli in oro.
    Atalanta, l’Orsa della Legione, figura mitologica redenta dalla sua sincera fede nel Padre degli Angeli; insignita del titolo di ‘generale’, indiscusso capo delle creature riemerse a Erellont dall’oblio, furibonda in battaglia e mite guardiana, assolve al suo dovere, non discute gli ordini, li applica all’istante e così sta facendo, ora.
    È una creatura spirituale, chiunque può essere ingannato, perché ha la tangibilità di un essere in carne e ossa, in qualche modo, anche Atalanta ha guadagnato il suo corpo, la sua forza, la sua vulnerabilità, come i Beati militanti, eppure non ha necessità di mangiare o di bere, non prova stanchezza fisica e può unirsi ai pasti altrui, abbandonarsi al sonno per convivialità, per suo piacere, però non abbisogna neanche dell’aria.
    Atalanta non l’aura di un Beato o di un Angelo, la percezione che emana è simile a quello di una notte illuminata da mille astri, una bellezza reale, distante, che dona pace, che ispira bellezza.

    Atalanta.
     
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    ■ ■ Albert Dylan Hannigan ■ ■

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    lbert Dylan Hannigan conosce il museo, perché il rifugio della Fratellanza è nel sotterraneo, ma per non destare sospetti, ha fatto visita ai Thorton, si è occupato di Orla e ha giocato con i bambini più grandi, ama quel luogo, si sente a suo agio nel dare sostegno alle anime innocenti, anche se sfortunate, dà qualche momento di quiete ad Azzurra, come alla giovane moglie di Timothy.
    L’Elpìs indossa un paio di pantaloni di lino color antracite, stretti da una cintura nera, come le sue scarpe da ginnastica, la polo è scura con una linea bianca sul colletto sbottonato sulla gola, l’uomo è accuratamente sbarbato, i capelli di castani sono molto corti e sembrano virare al color miele, il volto possiede un’armonia mascolina nella fisionomia, che disegna le fini sopracciglia, sopra agli occhi verdi dal taglio leggermente allungato, gli zigomi sono alti ed il nato dritto, la mascella affilata fa risaltare le labbra non troppo carnose. La carnagione è chiara, ma non quanto in inverno. Ha il fisico atletico di chi compie una sana attività fisica, senza ricorrere alla palestra, nonostante ciò ha una discreta forza fisica. Il portamento è molto elegante, non impostata ma spontanea nel manifestare una fierezza quasi regale. Riconosce Atalanta, il suo gusto estetico non è mutato, si aggira per Londra come fosse nel suo paese natale; bella e distante, nessuno oserebbe turbarla o questo si augura Albert. Non teme di doverla proteggere, quanto di non riuscire a calmarne la furia.
    Albert sorride, le braccia sono rilassate lungo i fianchi, avanza con passo deciso verso il generale. «Buonasera.» saluta la donna con voce profonda, il timbro amichevole, come l’aura che lo circonda: «Sono tornato al lavoro, perciò i miei orari sono ritornati alla normalità. Posso offrirti qualcosa, se lo desideri.» propone, allude ai punti di ristoro, guarda lo spazio riservatogli ma il viso rimane su di lei.
    «Venere e Marte, non è esattamente una celebrazione dell’amore, non questa versione.» dice, attratto dalla bellezza di quei tratti perfetti. «I Musei sono forzieri dei più grandi tesori dell’Umanità: la creatività, la capacità di creare la luce, la potenza della cultura.» afferma in tono gentile, resta accanto ad Atalanta, ma non si accomoda.
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    Atalanta sposta l’attenzione dal quadro all’Elpìs, le labbra si distendono in un sorriso, fa un cenno con il capo, minimizza l’orario serale, che non l’indispone ma pare una gradevole parentesi.
    «Sono lieta di vederti in salute, Albert.» risponde la voce è calda, il tono sereno, come il suo sguardo, la sua aura, i movimenti armoniosi, con i quali lo invita a sedersi: «Non è un disturbo, soprattutto, in questo luogo. Hai ragione, siamo circondati da gioielli di valore inestimabile. Ti ringrazio, io sto bene.» prosegue, congiunge in grembo, annuisce alla sua osservazione sul quadro, aspetta qualche secondo per aggiungere. «Afrodite era bella, diversa da come è ritratta, i suoi capelli erano fili d’oro e gli occhi azzurri, abissi in cui cadere, selvaggi come un maremoto.» si stringe nelle spalle, vaghi ricordi che attraversano la mente, quando era una semplice ragazza.
    Il Generale della Legione può avvertire un leggero cambiamento, attorno a sé, non comprende cosa accada, però si raddrizza in fretta, il suo atteggiamento può mettere in allerta anche Albert, sebbene, lui non possa rendersi conto della situazione, al momento. L’istinto è di preservare l’Elpìs, una fonte di vita e di giustizia, perciò vuole essergli da scudo, in caso vi sia un pericolo.
    I presenti sono immobili, cristallizzati nel Tempo, l’aria è satura di un potere magico sconosciuto, non è maligno, eppure causa un leggero disagio in Albert, come in Atalanta, un senso di allerta, di vigilanza. Gli orologi, comunque, non si sono bloccati, i secondi scorrono, solo gli Umani paiono bloccati, sotto l’effetto di un incantesimo.
    Albert nota un movimento alla sua sinistra, sul principio non sa come interpretarlo, poi può vederlo: è l’ombra di un bambino, non può avere più di sei anni, saltella verso di lui, quasi avesse una forma fisica reale.
    «Ombre.» mormora Atalanta, cerca febbrilmente l’Elpìs: «Devi scappare!» non sembra un consiglio, bensì un ordine preciso, ma lei non ha un effettivo ruolo di comando sulla Fratellanza.
    L’Orsa non si accorge che una seconda ombra, perfettamente uguale alla prima, le è prossima, anzi prende una breve rincorsa per saltare sulla sua schiena, spalancando una bocca mostruosa, munita di zanne, che auspica di conficcare nel collo di Atalanta.
    Lei non si lascia scoraggiare, non è la sua prima battaglia e non vuole sia l’ultima, distende il braccio sinistro, le dita delle mani sembrano unirsi e le ossa si distorcono, si piegano per creare un artiglio lungo circa venti centimetri, affilato, appuntito, avvolto da un lucore dorato. Atalanta affonda l’artiglio nel viso dell’Ombra2, che lascia la presa, senza averla morsa, ma si possono notare dei graffi sulla pelle, sotto la gola.
    Ombra 1 sorride ad Albert, un ghigno malefico, che snuda i suoi denti affilati, sembra pronto a colpire, anche se non è stato svelto come Ombra2, al momento seduta sul pavimento.
    In pochi secondi, i due noteranno con sgomento la presenza di altre cinque (5) Ombre, hanno l’aspetto di un bimbo, si aggirano fra i presenti inerti, indifesi, quasi volessero colpire gli innocenti.

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    Atalanta:
    Costituzione: 40 | Forza 42 | Destrezza 43 | Mente 45 | Spirito 45 | Fortuna 35 | PV 250/250

    Artiglio dell’Orsa_1di3

    Edited by James Christoper Allen - 27/8/2017, 02:26
     
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    ■ ■ Albert Dylan Hannigan ■ ■

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    lbert siede accanto alla donna, congiunge le mani e annuisce leggermente alle sue parole. Desidera aiutare Brianna, consapevole di non avere l’esperienza di Minako o di Egon, cerca di sollevarla da piccole incombenze, che possono stancarla nel suo stato attuale. La Fiamma della Virtù, d’altra parte, non ha alcun motivo per impedire dei pacifici incontri, degli scambi d’informazioni, la diplomazia è sempre preferibile alla chiusura verso il prossimo, a qualsiasi ostilità, per Albert accettare non è stato semplice, non dopo la sua traumatica esperienza.
    È Atalanta a percepire il pericolo, anche se non riesce a prevederlo, a prepararsi per affrontarlo, lui rimane in attesa, la magia in atto è sconosciuta, dissimile a quella avvertita in altre occasioni ma non si lascia bloccare dalla tensione nervosa. Si alza, sormonta l’Orsa di parecchi centimetri, anche se questa è decisa a difenderlo, neanche fosse un bimbo.
    «Non intendo scappare.» chiarisce in un sussurro, mentre osserva l’Ombra avanzare: «Non sono le stesse che hanno attaccato al negozio.» fa notare, non che lo trovi rassicurante, anzi è sicuro che i guai rimangano una costante.
    Le Ombre sono identiche, un bambino paffuto, attorno ai sei anni, non è alto o possente, la sua agilità, la bocca enorme in cui si scorgono i denti lasciano pochi in merito: sono esseri malvagi, il loro aspetto è uno scherzo osceno, uno sfregio all’innocenza. Sono veloci, sono voraci e non conoscono la paura, la sanno istillare e Albert può sentirla arrivare alle tempie, pulsando ritmica, come il suo battito cardiaco accelerato.
    Atalanta reagisce subito, l’artiglio che sfodera è parte stessa del braccio, desume sia anche intriso della sacralità di un Generale.
    «Spalla a spalla.» è la sua replica, non fugge e non potrebbe, considerato che la stanza pullula di Ombre, sono circondati, la loro unica possibilità è riuscire a fare fronte comune, combattere per proteggere se stessi e gli altri.
    Albert cerca di accostarsi alla donna, andando a coprirle la schiena con la propria, così che un secondo attacco alle spalle sia sventato. «Sai come si eliminano?» domanda al Generale.
    Lui guarda Ombra1 e comincia ad addensare l’elettricità presente nell’aria, un crepitio metallico, che si fa insistente, mille scintille convergono nella sua mano destra, sino a delineare una saetta. È un’arma luminosa, un fulmine che vibra a pochi millimetri dalla sua epidermide, senza ustionarla o causare fastidio, non più lunga dell’artiglio di Atalanta, sono circa tredici centimetri di lunghezza, la sua larghezza è ridotta, ma rimane pure energia, che si auspica abbia effetti sul bersaglio, una volta completa.


    {Folgore del Giudizio_Formazione.}



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    Costituzione 25. Forza 23. Destrezza 24. Mente 27. Spirito 27. Fortuna 24. PV 150
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    Atalanta è balzata in piedi, non ha perso tempo, sfrutta la sua abilità di mutare la forma della mano in un lungo, affilato artiglio, non può che accettare la decisione di Albert, anche se non compreso la sua strategia, non nega l’importanza di proteggersi a vicenda.
    «Non sono sicura possano essere eliminati.» afferma in un sospiro: «Temo possano distrarci, attaccando altre persone.» aggiunge con voce ferma, la sua aura vibra di tensione, ma non si lascia sopraffare dalle emozioni, non consente che vadano a turbare l’empatia di Albert. Intravede le scintille, che si radunano per caricare il fulmine, aspetta qualche secondo.
    Ombra 2 si solleva dal pavimento, ha accusato il colpo, senza essere sanguinante o mostrare anomalie, non è cambiato, ha ancora la bocca spalancate e si lancia direttamente sull’Orsa della Legione.
    Lei non si ritrae, allunga il braccio sinistro, quasi dovesse abbracciare il bambino, invece lo infilza sulla schiena, conficca l’artiglio in profondità o così spera, fa scivolare l’arto lungo la colonna vertebrale, mentre quello prova a morderle il viso, impedito nei movimenti dalla presa di Atalanta.
    L’Ombra digrigna i denti, un urlo acuto, si libera nell’aria, che sembra un lamento inumano, carico di odio, poi non c’è altra scelta per l’Ombra, che svanisce in una spirale nera, carica di negatività.
    Ombra 1 è pronta, sogghigna nel fissare Albert, poi si getta per attaccarlo all’addome. Potrebbe affondarvi le zanne, se riuscisse nel suo intento.
    Atalanta rimasta libera, cerca di rintracciare le restanti Ombre, mentre le luci nella National Gallery calano piano, come se volessero lasciare al buio i due bersagli.

    Atalanta:
    Costituzione: 40 | Forza 42 | Destrezza 43 | Mente 45 | Spirito 45 | Fortuna 35 | PV 250/250

    Artiglio dell’Orsa_2di3

    Ombra2: scacciata.
    Ombra1:
    Attacco verso l’addome di Albert.
     
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    ■ ■ Albert Dylan Hannigan ■ ■

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    lbert Hannigan rigetta la violenza, eppure è costretto a difendere se stesso o chi gli sta attorno da creature sature di odio, non può astenersi, consentire al Male di falciare altre vite, anche se ciò prevede l’uso delle maniere forti.
    Lui non stringe il proprio fulmine, può trattenerlo per alcuni secondi, dargli una direzione, ma non è Zeus, né un Angelo, annuisce alla risposta di Atalanta.
    «Dobbiamo mandarli via.» espone una teoria pratica, semplice da attuare, se fossero noti i punti deboli di tali creature.
    L’Elpìs sente l’urlo, un grido rabbioso, acuto, la voce di una bambino sporcata di odio, Atalanta si è liberata dell’Ombra, anche se con un affondo notevole, non ha visto ma il suo artiglio lascia poco spazio all’immaginazione. Dubita di riuscire a disinfestare la zona, comunque, non si perde l’animo, l’aura è brillante, come una raggio di sole dopo un furibondo temporale.
    Ombra 1 ha un sorriso soddisfatto, quasi stesse comunicando qualcosa ad Albert, però lui vede una minaccia, che cerca di avventarsi con ferocia.
    L’uomo prova a schivare, piega il busto e sposta il peso sulla gamba destra, l’intento è fare un passo laterale, così che Ombra 1 morda l’aria, non la sua carne, lui avvicinandosi a sinistra avrebbe modo di scrutare l’avversario, la sua figura piccola, veloce e oscura.
    Albert tenta di lanciare la saetta esattamente sulla schiena di Ombra 1 nello stesso momento in cui compie il movimento, in modo da sfruttare anche la sua posizione.
    «Vanno fermati, non importa come.» sentenzia con decisione, non possono cedere.
    Albert prende una boccata d’aria, mentre cerca di capire come sia andato il suo tentativo di difesa personale.

    {Folgore del Giudizio vs Ombra1}




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    Costituzione 25. Forza 23. Destrezza 24. Mente 27. Spirito 27. Fortuna 24. PV 150

    Schivare Ombra1
    Destrezza 24 + Fortuna 24 = 48

    Lancio folgore verso Ombra1
    Spirito 27 + Fortuna 24= 51
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    Atalanta fa un cenno con il capo, devono mettere in sicurezza l’area e sono in due, contro avversarsi dai poteri sconosciuti, anche tanti dettagli nell’attacco sfuggono allo schema strategico usato dai Demoni. Le Ombre sono silenziose, sono terribilmente veloci ma non sa a chi imputare la loro creazione, oltre all’oggettivo pericolo di lasciarle attaccare in un ambiente tanto ampio, alla vista di possibili testimoni.
    Ombra1 non riesce ad agguantare Albert, che si libera all’ultimo istante, eppure vi è un contatto e non dura più di un battito di ciglia, meno di un respiro, insufficiente a ferire l’Elpìs, abbastanza far scoccare qualcosa, che l’uomo non riuscirà a definire, non con la mente concentrata sulla saetta che arriva fra le scapole del bersaglio, che grida con rabbia.
    È la luce abbagliate, la voce sottile dell’Ombra1 a dargli la sensazione di essere lordo di sangue, se abbassasse lo sguardo, vedrebbe il tessuto impregnato di liquido vischioso, che scivola sino al pavimento, la sua forza sembra fluire dal corpo, ha la gola stretta in una morsa, tutto il palato ha il sapore aspro del sangue, il dolore all’addome è reso più acuto dalla presenza degli acidi, di un tocco maledetto. Non chiama aiuta, non crolla, si regge sulle gambe.
    «Prendi la bambina e scappa.» non è la sua voce, ha una diversa intonazione, un timbro meno profondo, sembra una supplica, che non rivolge ad Atalanta, bensì alla sorella, che tampona le ferite della madre, soffocata dal suo stesso sangue: «Ascoltami.» la scuote dalla sua disperazione, dall’orrore, anche se ferito, non è morto.
    C’è una bambina, sua nipote, che dorme ignara dei corpi sul pavimento e ha bisogno di protezione. Lui deve distrarre il piccolo, non può essere così feroce, così pervicace, non alla sua età, può ancora svegliarlo dal delirio.
    «Sono io, mi conosci. Guardami.» cerca di attirare il bambino sulle scale, mentre la linea fra la vita e la morte appare vicina, perché la sta oltrepassando: «Entra nella tua cameretta, non aver paura. Devi solamente stare con noi. Non devi lasciarci, siamo la tua famiglia.» ha un urto di vomito, non sa cosa espella, ma ha la sensazione che i suoi organi escano dai morsi slabbrati. «Non abbandonarci. Rimani. Noi manderemo via ogni cosa cattiva. Ti prego, ascolta.» e non sa come sia arrivato sin lì, ma il bambino l’ha seguito. L’ha guardato e quando lo implora di salvarsi, emette un ringhio animalesco e si getta su di lui, affondando i denti nel suo volto, la sofferenza è indescrivibile, dura meno di un minuto.
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    Albert resta scollegato dalla realtà, immerso in quello strano incubo, in cui non vede altri visi ma che sente vicino, famigliare, un ricordo sfumato nel tempo e al suo ritorno, Ombra1 è svanita.
    Atalanta non è distante, sta squarciando la schiena di un’Ombra, pericolosamente vicina ad una ragazza, il suo artiglio non dà scampo e un grido, rende la creatura una sottile nera di fumo.
    È una voce maschile a chiamare Albert, l’aura demoniaca è in netto contrasto con quelle benevole, ma lui è un amico, un alleato da secoli, Jiroshi si trova in forma umana, un uomo dai capelli neri, come l’ombra di barba sul viso, gli occhi sono brillanti, indossa una divisa ed è strano vederlo lontano da Erellont. Non è sconosciuto ad Albert, che l'ha veduto più volte nel salto temporale, accorso al risveglio di Yuuri per abbracciarla, quasi fosse stato suo nonno e immobile, sgomento davanti alla 'sua' Orla, la caparbia, avventata, generosa, adorabile bambina che dubitava di poter diventare un cigno, come le aveva ripetuto la 'Madre'.
    «Lo so, sei confuso.» prosegue, mentre agguanta un’ombra per la collottola: «Ti sarà tutto più chiaro, adesso, ripuliamo questo posto e usciamo. Non sono come siano arrivati sino a te, a meno che non abbiano già saputo che eri presente, all’aggressione di Cecily.» il Demone Gatto sembra spezzare l’osso del collo del bambino, ma l’Ombra si volta rabbiosa, cerca di mordere il braccio, però con la mano sinistra, Jiroshi, sfonda la cassa toracica, il braccio affonda nell’oscurità e le dita spuntano dalla schiena. C’è un grido prolungato, poi l’Ombra soccombe.
    «Arrivano dall’acqua, noi abbiamo un fiume e forse, non soltanto quello.» gli fa notare Atalanta, richiamando a sé l’arco con le frecce, l’artiglio si allarga mentre la mano ritorna a definirsi con le dita, il polso, la carnagione senza alcuna luminosità: «Come sei arrivato sino a qui?» chiede a Jiroshi.
    Il mentore di Livia fa spallucce, si accosta ad Albert, quasi temesse fosse il bersaglio principale dell’intera aggressione, le rivolge un sorriso ironico: «Abbiamo amici in comune, radiosa Atalanta.» risponde con leggerezza. «Inoltre, non penserai che basti una dimensione, a rendermi cieco, sordo, ignaro di quanto accade?» domanda retorica, l’ultimo Nephilim non è stato scelto a caso per addestrare i figli di Caos.

    Atalanta:
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    Artiglio dell’Orsa_3di3

    Edited by Danica Helena - 28/8/2017, 23:51
     
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    ■ ■ Albert Dylan Hannigan ■ ■

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    lbert Dylan Hannigan allenta la presa della mano destra, indirizza la Folgore del Giudizio sulla schiena del bambino, quell’Ombra malefica che infesta il museo, riesce a distanziarsi ma non abbastanza, perché i due entrano in contatto, quasi fossero destinati a sfiorarsi, a generare una reazione capace di travalicare i confini della Materia, del Tempo e dello Spazio.
    Albert si accorge di allontanarsi dal Presente, sospinto in un altrove famigliare, in un ritratto mai dipinto, affonda in un’altra sfaccettatura della realtà, non comprende e non può opporsi, vuole ricordare, la sua mente vacilla, avvolta in fili che sono ricordi che gli appartengono ma gli sono estranei. La prima sensazione è il dolore, una ragnatela che avvolge lo stomaco, si dirama sino alla schiena, scende nelle gambe, ha provato qualcosa di simile, alla Chiesa dei Poveri.

    L’uomo china lo sguardo, indossa la casacca verde della Squadra di Attacco, sente il sangue macchiare la pelle sotto gli abiti, si trova disarmato e sta per morire, il respiro è frenetico e insufficiente, può vedere i capelli biondi di sua sorella, striati di rosso, che cerca di rianimare la madre. È morta, parte del collo è stata strappata, come se una belva feroce si fosse avventata su di lei.
    È nella propria casa, circondato dalla sua famiglia e non ha mai provato tanta paura nella sua vita. Stringe lo stipite della porta, spalancata, ha ancora un po’ di energia, qualche minuto per valutare un salvataggio, non si arrende, perché sarebbe una condanna a morte per chi ama. Deve reagire, sopportare quella sofferenza per riuscire a mettere in salvo i vivi, così avrebbe fatto suo fratello e suo padre, così hanno tentato di fare, senza riuscirvi. Lui deve avere successo, non accarezza l’idea del fallimento.
    «Prendi la bambina e scappa.» annaspa per formulare quella frase, sente la fatica stringerlo in un laccio più stretto del dolore, ma sua nipote è addormentata, non ha l’età per difendersi, non può rimanere in quella che sarà la sua tomba. Vuole che sua sorella salga al piano superiore, prenda la figlia e svanisca, anche dalla finestra, lei è abbastanza agile da riuscirvi. «Ascoltami.» la implora, non può vederla morire, non può pensare che sua nipote non veda l’alba. La donna comprende, alla fine, sente un sollievo leggero, un barlume di speranza incendiare le energie rimaste.
    Il bambino è ancora innocente, non è posseduto in senso stretto ma l’influsso diabolico lo divora, ha bisogno di trovare un’ancora alla realtà, un legame che sia abbastanza forte da portarlo fra loro. È chiaro, presto lo abbandonerà ma la regina, saprà aiutarlo, meglio di quanto sia riuscito a fare. Non vuole altro che salvare chi ama, non crollerà sino a quando non vi sarà riuscito, poi si concederà un riposo meritato, sale un gradino, sente il mondo danzare sotto di lui.
    «Sono io, mi conosci. Guardami.» la sua voce impastata attira l’attenzione del bambino, c’è qualcosa di puro, deve farlo emergere, deve essergli da guida. «Entra nella tua cameretta, non aver paura. Devi solamente stare con noi. Non devi lasciarci, siamo la tua famiglia.» un luogo accogliente, sicuro, in attesa che arrivi Finegar.
    Il suo corpo si ribella, non si piega ma qualcosa esce dalle labbra, ha l’impressione avere gli organi esposti, fuori dai lembi della ferita, ma non demorde. La gola si gonfia, non può morire, ha bisogno di altro tempo. «Non abbandonarci. Rimani. Noi manderemo via ogni cosa cattiva. Ti prego, ascolta.» non piange, non ne ha la forza ma il suo cuore è spezzato, il filo della sua esistenza scorre veloce, lasciare il bambino solo, sua sorella e sua nipote in un’incertezza salvezza è un senso di oppressione crescente.
    Lui crede nella bontà del bambino, l’ha tenuto in braccio, l’ha cullato, non può credere sia stato vano crescerlo, che il suo amore sia finito nell’anima oscura di un Demone. Lui sa che il bambino può essere salvato.
    Il bambino lo fissa, prima di balzare su di lui, che cade all’indietro, battendo il cranio. È un attimo, sente i denti aguzzi affondare nella carne, ogni parte di lui esplode nel dolore, infine, c’è l’attesa di un risveglio.

    Albert trova Atalanta, intenta a liberarsi dell’Ombra di un bambino ed è stranamente, orribilmente chiaro, perché, scuote la testa verso Jiroshi, mentre il Presente deflagra attorno a lui.
    «No, so bene cosa vuoi dire.» la sua voce è più dura di quanto desideri: «Io sono uno dei famigliari del bimbo. Lui è la vittima e noi siamo tornati per perdonarlo. Non è questo, il nostro scopo?» allarga le braccia, l’aura si addensa di frustrazione, come un cielo di nubi. «Lui è forte, ha un grande potere e per questo, noi dobbiamo soprassedere sul resto. Se farà un’altra strage? Gli chiederemo di scusarsi?» non aspetta la risposta.
    «Ha le mani sporche di sangue, dove ha mostrato il pentimento?» aggiunge furioso: «Ha liberato te. Questo può bastare a te, non provare a fare il moralista. Ha distrutto la famiglia che lo amava, solo un incosciente non si porrebbe domande.» dà le spalle alla sala, uscirebbe, se nessun’Ombra bloccasse, la falcata da diva degli anni’20.

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    Give. But don't allow yourself to be used. Love. But don't allow your heart to be abused. Trust. But don't be naive. Listen. But don't lose your own voice.

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    Jiroshi osserva l’Ombra scomparire, in genere, sono molto più insistenti e forti, perché sprovviste di una componente fisica deteriorabile, invece, scappano con un’inquietante facilità. È ovvio che abbiano un diverso obbiettivo dal distruggere Sittachai o Albert, sembrano spie e ciò sarebbe giustificabile, perché sono marionette in una congiura più oscura degli abissi marini.
    «Albert.» lo chiama con suo nome, ha il tono pacato degli anziani, che hanno visto troppo: «Non sono ingenuo, ho pensato per molto tempo al destino di Sittachai. Livia ha fatto altrettanto. Io ho cresciuto tutti i ragazzi che ha ucciso, non meritavano di essere travolti da una furia diabolica, di morire nel sangue, nel dolore. Ha stroncato delle vite, non l’ho dimenticato. Il Gufo deve compiere la sua strada, meritare la rinascita, affrontare la verità ed è una cosa terribile.» sospira, intravede Faloan con il suo carattere pacifico, il viso sorridente, che sapeva inalberarsi di rabbia ed Albert gli è simile, solamente, appare più mite. «Il primo pensiero di Livia è stato di portarvi in vita. Era sconvolta, perché i corpi erano devastati e lei non sopportava l’idea di avervi persi, vittime innocenti di una violenza inaudita. Ha così preservato le vostre anime, sareste rinati, sareste tornati a vivere. Livia ha pensato a voi, ha pianto per voi e ha promesso quell’ingiustizia non sarebbe stata la vostra fine.» il Demone Gatto tenta di accostarsi all’Elpìs, in mezzo ai turisti immobili. «Ha valutato la situazione di Sittachai. È una vittima, ma nessun’idiota oserebbe definirlo la sola vittima, né lo perdonerebbe a scatola chiusa, senza valutare l’ipotesi che possa scatenarsi di nuovo. Non l’avrei fatto neanche io.» sospira, allunga il braccio destro, indica un’Ombra che si cela dietro ad un signore giapponese.
    Atalanta inforca il arco, annuisce silenziosa e studia la preda.
    «La decisione di Livia è stata semplice, le ho sempre consigliato di agire in maniera limpida e lineare, il punto A arriva al punto B, senza passare dal punto D che era celato sotto il C. Questi sono piani deboli, crollano sotto il peso di stratagemmi inutili.» afferma convinto, con una punta di orgoglio per sé ed un’onda di affettuosa ammirazione per la sua pupilla: «Ebbene, Sittachai fu affidato agli Angeli. Loro hanno mondato la sua anima, così che il Gufo potesse esaminare la realtà con occhi liberi dal Male e la sua crudeltà fosse nascosta, si desume in mare. Eliminato il problema del piccolo Demone a spasso, iniziammo a valutare tutte le varie opzioni con cui Aamon poteva aver fatto impazzire Sittachai, perché era stato lui a risvegliare la parte diabolica. Non in maniera fisica. In altro modo, la verità sarebbe emersa, mano a mano che Sittachai si fosse avvicinato alla meta: essere consapevole della colpa, libero dal male e pronto a servire Erellont.» la mano sinistra alza l’indice, che a fine discorso sfiora il dito destro, forma una linea invisibile. «La verità sta emergendo, perché Sittachai vuole essere degno di voi. Io so che potrà esserlo, non sarà facile arrivare alla fine, ma ci arriverete. Livia non pensava di risolvere tutto in una settimana, ma sapeva che avrebbe sciolto questo nodo e io l’aiuterò. Io vi aiuterò.» non finisce l’ultima sillaba che una freccia passa a due centimetri dal suo naso.
    L’Orsa della Legione colpisce l’Ombra alla schiena, anche questa svanisce, mentre Albert abbandona la sala.
    «Vuoi che lo blocchi?» domanda il generale, arco in spalla.
    Jiroshi fa un gesto vago: «No, adesso, può stare solo. Ha molto su cui ragionare. L’Ombra gli ha mostrato l’orrore, però vedrà cosa vi è stato prima. In quella casa, tutti avevano la forza di annientare Sittachai, nessuno di loro, l’ha ferito. Lo amavano e lo amano. È confuso, si chiede cosa sia giusto fare e lo biasimo? No, anzi è suo dovere agire con buon senso. Non dubito lo faccia.» indirizza l’Orsa verso l’uscita, anche se nessuno pare far caso a due individui tanto strambi. «Sittachai dormiva, fra le braccia di Belle. Quella ragazza funge da calmante, quando si agita o fa i capricci, lo metto in mano a Belle, diventa un gomitolo di penne. Devo andare a prenderlo, comunque.» si sofferma a fissare la figura sinuosa di Atalanta.
    «No.» è la risposta del Generale: «Jiroshi, sono armata e in vita, ho ucciso per molto meno.»
    Jiroshi sbuffa: «Suona invitante.» inizia a scendere i gradini. «Le Ombre cosa cercavano?» chiede alla compagna.
    «Informazioni. Le hanno avute?» chiede lei con sguardo serio.
    Jiroshi vuole rassicurarla, ma allarga le braccia, prima di allontanarsi: non può essere sicuro, non può avere la certezza, scrolla il capo in silenzio.


    Fine

     
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