Il massacro dei Vincitori

Sblocco dei personaggi giocanti Lorien e Etienne.

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    Non appena afferrate le mani di Jeliel, le due muse si sono ritrovate a venire trascinate attraverso uno dei quadri che il buon Mucha ha donato alla sua signora per ringraziarla della sua protezione. È una stampa verticale raffigurante Medea, i cui colori sono ar di poco vibranti, e lo sguardo spiritato della donna, fa il paio con la forza che sembra trasparire dal modo in cui brandisce il pugnale stretto nel suo pugno.
    Akrioma ricorderà il mite pittore, il modo in cui questo sapeva dare il meglio di ogni sua ispirazione, il modo in cui la adorava, e consacrava a lei ogni sua opera. Il suo intreccio preferito. L’unico per molti anni. E il dolore per la sua perdita ingiusta, fomenterà lo spostamento attraverso il quadro, facendo sbucare le due muse all’interno del bosco oscuro. Un cielo senza luna sembra sul punto di cadere sulla radura in cui le due dee sono apparse. Non c’è nessuno in giro, a parte la stampa da cui sono sbucate. Una stampa che Akrioma avrà l’istinto di intascarsi per afferrarla e proteggerla di un simile mondo di lordure al pari di un neonato.
    Non si odono rumori o versi di animali, solo una leggera brezza soffia fra le foglie degli alberi facendo fremere i rami. Il bosco oscuro, in teoria, dovrebbe essere più terrificante. Ed infatti.
    I rami degli alberi si muovono lentamente, si tendono verso il basso come se fossero braccia, e lentamente sollevano qualcosa da terra. Nessuna delle due riuscirà a capire cosa sia fino a quando non sentirà Jeliel gridare. È una persona.
    L’albero la solleva, e prima che questa possa aprire gli occhi, una bocca si spalanca dalla corteccia dell’albero, e il povero ennasiano perde la vita così, divorato senza poter fare nulla.
    Il teatro del massacro è poco più in là, fra gli alberi che si stanno muovendo per nutrirsi dei feriti, ci sono una cinquantina di persone a terra, fra uomini, donne, vecchi e bambini. Questi ultimi sono quelli illesi, girano fra i cadaveri, cercano di toglierli di mano agli alberi che vogliono mangiarli. Sono annasiani, roelliani, sangue misto del piccolo popolo e maridi. Piangono, chiedono aiuto a Dio, mentre cercano di aiutare chi è ferito o peggio.

    -E’ stato un massacro.-
    E’ la voce di una giovane fanciulla. È seduta per terra, la schiena contro il tronco di un albero, il viso, il collo e le braccia sporche di sangue. Dimostra una ventina di anni, ha i capelli castani, gli occhi blu, e un bel viso delicato fatto di lineamenti oggettivamente belli a vedersi.
    Indossa un abito bianco , smanicato, corto fino a metà coscia, e degli stivali marroni che le arrivano al polpaccio. E' una tenuta da ennasiana, si renderanno conto le due, con la tipica cintura porta oggetti legata alla vita, e la bisaccia con l'acqua ricavata con una vescica di toro conciata.

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    La ragazza unisce le mani sotto al viso, come una preghiera, nessuna delle due muse riuscirà a capire che sta dicendo, ma prima che possano rendersene conto, vedranno un passaggio aprirsi fra loro, e i cadaveri che ingombrano la natura. Vedranno il salotto di casa Archer e riusciranno a vedere Danica a casa sua.
    La ennasiana, saprà solo dire di essersi sentita chiamare a gran voce, una voce di fanciulla che invocava in suo soccorso la Guardia del Sole, prima di vedere, fra lei e il televisore, un passaggio aprirsi, e incrociare lo sguardo di Akrioma e Enid.
    La ragazza, intanto, è svenuta, è crollata di faccia sul corpo che stava vegliando, una faccia familiare per Danica, Lorien Doyle, ancora vivo, ma che respira così superficialmente che non lo resterà ancora per molto.
     
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  2. Danica Helena Archer
     
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    »Danica Thorne »29 anni» Ennas »Chieftains
    Alzatti. Reagisci. Lotta. Sii una guerriera, non una vittima del dolore.
    Danica Helena Thorne è in soggiorno, guarda distrattamente il televisore, in attesa di cambiarsi per andare a letto.
    «Charlie.» si volta per un attimo, chiamando il marito, barricato nel bagno: «Metti il tappetto della doccia da lavare.» termina la comunicazione, la Ennas si rimetta comoda sul divano. Ha bisogno di una doccia calda, un pigiama comodo, l'abbraccio del consorte, non cerca altro.
    È strano, quindi, che sia raggiunta dalla voce accorata, disperata di una fanciulla e che questo grido paia inascoltato ai membri della famiglia, inclusi i bambini. Danica si guarda alle spalle, solamente in seguito, si trova a fissare un buco nello schermo al plasma.
    «Porco boia.» mugugna, abbandonando il telecomando che scivola sul tappeto: «Sono un attimo, nel varco dimensionale nella TV.» trova giusto avvisare Charles Archer, altrimenti, potrebbe anche angosciarsi.
    Lei si alza, circospetta guarda Enid in versione vamp, accompagnata da Akrioma, entrambe in uno scenario da incubo, in cui scorge una sua simile priva di conoscenza e Lorien Doyle, che aveva dato per defunto.
    Danica cerca di varcare quel portale, ignara di che aiuto possa fornire, tranne cercare di eliminare ogni ostacolo sulla sua via.
    «Sono qui.» la sua voce resta bassa, ma decisa, non ha molto dell'eroica guerriera indosso, un paio di jeans, una camicia a scacchi bianchi e blu, i lunghi capelli rossi sciolti, il bel viso ovale illuminato dagli occhi verdi e scarpe da ginnastica.
    L'aura che emana è gradevole, come accarezzare un grosso predatore, ma la situazione porta il suo umore a mostrare un aspetto oscuro, violento della sua anima, quello che usa per combattere, non scevro di principi o remore morale, però pronto ad agire.
    «Radunate i feriti ed i morti, al centro.» indica uno spazio di terreno vicino a Doyle: «Chi è in grado di combattere, crei un cerchio attorno al nucleo, se siete in molti, chiunque non Ennasiano o Roelliano, scivoli in un secondo cerchio. La priorità è proteggere gli indifesi, la priorità è vivere. Non voglio sentire discussioni.» il tono, in effetti, lascia poco spazio alle repliche: «Lorien, sono Danica. Sono l'amica di Mervin. Ascolta la mia voce. Tornerai a casa. Te lo prometto.» si china, cercando di accarezzargli la fronte, capire dove sia stato colpito, si accosta alla Ennasiana per rassicurarla, casomai fosse tornata in sé, sondare la sua capacità di reagire.
    «Usciamo da questa fogna.» si erge nella sua non proprio notevole altezza, lancia un'occhiata alle Muse: «Posso proteggervi.» afferma, sa che la neutralità può costringerle a scelte incomprensibili: «In quel caso, state al centro, in prima linea, solo chi combatte.» ribadisce e dal Bosco Oscuro, se vi è entrata, ne uscirà con gli altri o morirà nel tentativo di portarli in salvo.
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  3. Akrioma;
     
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    Akrioma - Melphomene
    If caos is a work of arts, then my heart is a masterpiece
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    scire da Medea - la stampa preferita della Musa - è qualcosa che le fa vibrare dentro quel ricordo nitido che possiede di Alfons Mucha l’artista che come altri ha favorito dell’intreccio rituale della Musa delle Arti ma che, come pochi, ha avuto modo di stare in compagnia di Melpomene per lunghi anni, prima della sua scomparsa.
    Prima che tutto finisse e lasciasse una voragine incolmabile, la stessa incapacità di salvare lui per deporlo per sempre in uno scenario idilliaco all’interno di uno dei propri quadri di vita come ha fatto per molti altri artisti defunti nella storia; tutti protagonisti di un paradiso vivido per ogni amante dell’arte.
    Akrioma stringe la stampa ancora prima di capire dove si trova, è sua, così sua che la proteggerà con se stessa purché questa non ne venga danneggiata o intaccata. Solo dopo avrà modo di guardarsi intorno, ha una vaga idea di dove possa trovarsi e la cosa non pare piacerle affatto; stringe le labbra in un momento di nervosismo che culmina in un movimento d’aura tale per cui la tensione attorno a lei non è più attraente ma respingente, una sorta di elettricità statica fastidiosa che albeggia leggera nella percezione della Musa. Non è fortissima, ma c’è.
    Il Silenzio sembra farla rabbrividire sin dentro le ossa, lo sguardo ametista scivola repentino a fissare a destra e a sinistra in un impeto nebuloso di ricerca di senso.
    Di scopo.
    Solo quando le fronde di alti alberi che come mani frustano i corpi delle vittime, linfa che ricerca altra linfa in uno scenario che potrebbe essere una delle sue tante paranoie.
    E soffia aria calda dalle labbra scure rese tali dal pallore dell’incarnato che le danno l’aria della divinità qual’è. Lo sguardo magnetico non cerca alcun appiglio vero se non quello di registrare e cercare subito nella folla. Tende l’orecchio oltre l’urlo di Jeliel, cerca quella voce che Marlene le avrà fatto sentire almeno un milione di volte a star molto stretti come unico focus della sua presenza lì oltre a Mucha e la preghiera di Jeliel.
    Lo Cerca anche quando vede Danica, anche quando questa urla dei comandi per tutti gli ennesiani e i roelliani. Lo Cerca perché se è lì, se è ancora vivo allora è l’unica persona per cui vale la pena tentare di sporcare quella che era uno dei propri migliori abiti (?). Lo Cercava anche prima che il varco si aprisse sotto la chiamata della ragazza che aveva già visto con James e con la stessa Danica.
    Si distrae di tanto in tanto dall’aura famigliare di Danica e di Clio che non può far altro che lasciarla per qualche attimo incapace di concentrarsi tra il marasma di gente e trambusto vario.
    Si ferma. Immobile sul posto. Inspira ed espira più volte.
    < Dunque così come siamo passati attraverso questo quadro vale anche il contrario > e questo se parte della sua magia funziona bene può benissimo immaginare che l’uscita, sarà la stessa stampa di Mucha. Deglutisce forzatamente quando rintraccia un nome famigliare chiamato dalla stessa Danica; Lorien. 
Un nome che ricordava sulla bocca di Marlene molto tempo fa, non credeva nemmeno fosse vivo e invece…
    < Danica… ho il dubbio che qui ci sia anche Etienne > lancia la bomba < Ti ricordi che lo avevi confuso con la voce di tuo marito? Bhe l’ho sentito cantare così tante volte che le mie orecchie non mi tradiscono. Però non so in che condizioni sia, sfigurato dalle botte o che altro… > quindi in poche parole non ha idea brancola nel buio < o se nel mentre si può considerare ancora vivo o è morto da un bel po > per questo lei da un’occhiata più ai morti che ai vivi, sperando di non trovarlo.
    Si volge in seconda battuta verso Enid < In qualità di Muse possiamo tentare un approccio diverso… ma non sono sicura fino a che punto > e a Clio lo sussurra appena.
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    Enid Kingstone
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    ■ 29. 01.1990
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    ■ Incarnazione di Clio
    ■ Sposata e mamma.
    Enid stringe la mano di Jeliel, senza fare altre domande; attraversa la bellissima stampa e per un attimo, si distrae perché può avvertire la sofferenza di Medea, la disperazione per i suoi sogni infranti, la rabbia vendicativa per aver donato, senza aver ricevuto altro che un inganno, una parentesi fugace di amore, però non ne approva le decisioni e la piccola Mott, può dormire sonno tranquilli.
    Non appena raggiungono la destinazione, Clio storce la bocca, disgustata da quel posto arido, che è una foresta imputridita, ormai in decomposizione, gli alberi muovono i loro rami e lei ha un brivido di orrore.
    La visione è raccapricciante, se avesse la speranza di raggiungerlo e strappare lo sconosciuto al suo destino, Enid tenterebbe e sapesse qualcosa per evitare l'omicidio, l'userebbe, ma non può nulla, s'impone di guardare, di osservare gli ultimi istanti di vita con compassione sincera, con rammarico.
    Il suo bellissimo viso è composto a una severità temibile, che non lascia presagire niente di buono, l'aura stessa è uno specchio di un muto rimprovero, di uno sdegno intimo che non palesa nei gesti.
    È il 'Porco boia' di Danica, la chiosa perfetta della scena, perché la Ennas arriva da loro, praticamente varcando un portale, neppure avesse aperto lo sgabuzzino, non appare stravolta, bensì consapevole.
    Guarda Danica accostarsi ad un Angelo ferito, alla Ennas che aveva pregato, quando sente 'Etienne', si volta di scatto, collegando il nome con il figlio della Ennas, non con il suocero, ma è una sua abitudine.
    «Se riuscissimo a passare dall'altra parte, sarebbe veramente l'ideale.» constata, mentre prova a focalizzarsi sulle proprie mani: «Capisco.» dice a bassa voce, salvo poi rammentare l'albero: «Penso che l'aura di Danica, senza offesa, sia un faro.» azzarda la considerazione: «Temo vi sia poco tempo, prima che piombino su questi infelici e nel parapiglia, non ho la certezza ci trattino con riguardo.» conclude in tono cupo.
    Al momento, sembra che il comando bellico sia in mano alla Ennas, che sicuramente, ne sa più di Clio.
    Ispira ed espira: «Gli alberi dai rami possenti, il banchetto hanno sollevato.» recita Clio, in quella poesia, che non passerà alla Storia: «Ed ora, sfamati, il terreno hanno sgomberato.» finisce di scandire con grazia le parole.
    Tentar non nuoce o forse, sì.
    {Dono di Mnemosýne}

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    I sopravvissuti prendono formazione, cercano di aiutare chi è rimasto a terra e allo stesso tempo di offrire un riparo. Sono gente fiera, abituata a combattere da molti anni ormai. Enid , dal canto suo, cerca di dare una mano, ma subito si renderà conto di non poter usare la sua magia. Oltre gli alberi che la circondano, un potere spaventoso si cela. La sua sarà la percezione di un secondo, ma potrà dire con tutta certezza, di aver visto il buio, e di averci guardato dentro. Ed è solo grazie a Jeliel che le ha strattonato la mano che stringe, se il buio non ha fatto altrettanto.
    L’angelo sparisce, con un ultimo sorriso per le due muse, per piovere suo feriti sottoforma di pioggia dorata, sanando le ferite più grave, e infondendo coraggio.
    Che sia questa la fine di Jeliel il costruttore? Chi lo sa...
    Non appena Akrioma nomina Etienne, sia lei che Enid percepiranno nitidamente la sensazione che suscita in loro un sangue di musa. Avvertiranno la debole traccia di Polimnia serrata attorno a qualcuno, come se stesse cercando di proteggere ciò che le appartiene per diritto di sangue. Spostandosi sulla sinistra, le due muse, noteranno una figura che si staglia fra il background degli alberi contorti e spinosi. È nera per il sangue che la ricopre e che gocciola sulla figura a terra, l’ultimo rimasto a essere battuto. La figura si porta una mano al viso, pettina indietro i capelli con le dita e si volta. Il suo è un viso scolpito nel cuore di ogni Ennas.
    Phobos, araldo di Ixo. Uno dei due demoni che ha sbaragliato la potente Guardia del Sole. In un flashback confuso, Danica rivedrà la morte di colei che è stata in una vita precedente . Il demone è su di lei, la tiene per la lunga chioma rossa. Le sorride. – Addio.- sussurra dolcemente prima di sgozzarla girando e rigirando più volte la lama nel collo.
    Phobos sorride, la sua aura sembra fare parte del bosco stesso, si nasconde fra i rami degli alberi, sussurra nel vento, è per questo che nessuno dei presenti si è accorto del suo arrivo. Si volta completamente, si porta una mano al petto, e si inchina.
    Un inchino profondo e sincero, portato a termine con classe e eleganza.
    -Vi invito ad andarvene, giovani signore. Non vorrete rimanere avvelenate anche voi.- si volta, senza lasciare tempo a qualsiasi domanda o tentativo di attacco, sfilando la spada dal fianco della persona che per ultimo ha battuto.
    La persona da cui proviene la sensazione di sangue di Musa.

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    Etienne Archer è praticamente sfigurato per i colpi subiti, ma è ancora vivo. Respira freneticamente, dalle labbra, e di tanto in tanto, tossisce, sputando un filo di saliva. La sua aura è quella di un angelo di primo livello, che come Lorien, sta cercando di tenere in vita il suo tramite, avvitandosi su sé stesso, e spendendo tutte le sue energie per sanare le ferite mortali del tramite.
    Chi può muoversi, si adopera a recuperare i feriti e a spostarsi verso l’uscita. Prima i vecchi e i bambini, poi le donne, e per ultimi i guerrieri, si ritroveranno tutti accalcati in casa Archer. Una bellissima sorpresa per Charles per quando si alzerà dal suo trono di spade.
    La fanciulla che era addosso a Lorien è scomparsa, al suo posto c’è un minuscolo riccio che geme penosamente ad ogni respiro, e raspa l’aria con le minuscole e ridicolmente adorabili zampette. Che sia la Winny che tutti conoscono? O una sua omonima anche lei riccio? Solo il tempo potrà dirlo.
    Ora bisogna pensare ai feriti, che stanno letteralmente più di qua che di là, oltre alle ferite soffrono per un forte avvelenamento che sta aumentando il ritmo delle loro emorragie interne e esterne. Serve aura angelica e serve subito!
    Prima di andarsene da Biriam, Akrioma sentirà qualcuno sfiorarle delicatamente la spalla, e voltandosi si ritroverà faccia a faccia con Alfons. Il buon pittore, è uno spirito, ma sembra felice. Socchiude bonariamente gli occhi mentre sorride alla sua dea:- Sapevo che saresti venuta a prendermi, mia cara signora.-
    Akrioma finalmente può dare alla pace al suo adorato pupillo, ma qualcuno non è d’accordo. Visibile a tutti, rami color ametista, sfrecciano dal fondo del bosco e afferrano lo spirito, lo trascinano via ignorando le sue grid a di terrore.
    -Mia signora!- urla Alfons -Mia signora, salva il tuo povero servo!-
    Akrioma se dovesse tentare di gettarsi in suo soccorso, si ritroverà a sbattere malamente contro il mobile tv degli Archer, e a cadere all’indietro, rendendosi conto che dalla stampa che ha recuperato, sgorga un rivolo di sangue.

    I feriti hanno bisogno di soccorso immediato, ci sarà tempo per le domande, grazie per aver partecipato allo sbloccaggio di Lorien e Etienne.
     
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  6. Danica Helena Archer
     
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    »Danica Thorne »29 anni» Ennas »Chieftains
    Alzatti. Reagisci. Lotta. Sii una guerriera, non una vittima del dolore.
    Danica è in piedi, pronta ad essere ragguagliata, circa eventi e soluzioni. Akrioma si accosta, c'è modo e modo di comunicare una notizia, si può introdurla con tatto, però c'è meno gusto.
    «Lo ricordo.» riesce a mormorare, la sua mente è confusa, il che non è la condizione ideale per il luogo in cui si trovano, soprattutto, se non vuole consegnare a suo marito, il padre defunto o se stessa, in una plastica posa mortuaria.
    «Etienne Archer.» ripete, alza appena la voce, sembra affannata: «Lorien Doyle.» non può cedere, deve averli sotto la sua protezione, prima di abbracciarli: «Non conosco l'odore di mio suocero, ma tu riconosci la voce.» fa il punto della situazione, prende fiato e sente anche Enid, la fissa trasecolando per la quarta o quinta volta.
    «Etienne.» lo chiama, non può avere il tono dolce, umile da brava sposa del suo figliolo, non adesso: «Non puoi deludere Charles. Non puoi deludere Marlene. C'è la tua Musa, ad attenderti, per l'Ispirazione che ti ha dato, per l'amore di Aislin, per tuo padre e tua madre, per i nipoti che ti ho partorito. Adesso, parla! Fai sentire la tua voce, Etienne Archer, perché ovunque tua sia, io ti porterò dalla tua famiglia. È chiaro?» si guarda attorno, cerca qualche viso famigliare, tratti che ricordino Charles, Noel, Marlene, stringe le labbra: «Lorien, non ti piangerò per la seconda volta. Credi che mi lasci prendere per i fondelli dai Pennuti? Connor e Deanna aspettano il loro papà e non mi interessa un accidente del resto, tu andrai da loro, a costo di trascinarti per le splendenti ali. È chiaro?» prende fiato.
    Sono dimostrazioni di affetto, perché non si salverà, senza averli con sé, intanto, cerca di dare un po' di coraggio a chi si regge sulle gambe, qualche parola, il suo nome, il suo ruolo, un sorriso, la sua aura che non è quella del re, ma quella di una comandante piena di grinta, di qualcuno che non si arrende.
    In ordine, le persone confluiranno in casa Archer, presto Akrioma potrebbe udire anche la voce soave di Etienne Junior.
    Danica è concentrata, sino a quando non lo ritrova. Lo conosce, sa benissimo chi sia quel ragazzo dall'aspetto piacevole, dai modi galanti, che aveva già stretto la sua chioma rossa, come una cascata di fiamme, rossa e brillante quanto il sangue sgorgato dalla sua gola.
    Non viene sgozzata, non stavolta, ma rivive il momento traumatico, si porta la mano sinistra alla gola, cerca con lo sguardo il Demone, oscuro, malevolo, potente.
    «Non è un addio.» conclude torva, senza timore, senza paura, cercandolo con una sensazione indescrivibile, non totalmente sua, che scivola nella sua anima, arpionandola.
    Cerca di agguantare la piccola, Winny o chiunque ellaa sia, se opponesse troppa resistenza, la lascerebbe su Lorien, non può ferirlo e forse, può dargli sostegno.
    Danica arriva per ultima, quando le Muse sono al sicuro ed il soggiorno sembra il set di 'Band of Brothers' e c'è un notevole rumore: pianti, sospiri, domande, preghiere, ringraziamenti, richieste.
    È il momento di cercare, il primo che agguanta è Lorien, gli sorride: «Sei qui, amico mio.» gli bacia la fronte: «Sarai dai tuoi figli. Non ci lascerai ancora, Lorien Doyle. Non te lo permetteremo. Ci sei mancato, ma sei qui.» si alza, il viso ha qualche lacrima, sparsa sull'Angelo, pure sul riccio, infine, trova Etienne.
    «Chiamate James. Qualcuno chiami James, serve aiuto e si porti dietro mezza Legione e pure gli Elpìs. Ci serve aiuto!» non sa, forse lo sta chiedendo a Eirene, forse a qualcuno che tossisce di fianco, ma è travolta dalle emozioni.
    Etienne Archer è una voce, una sequela di fotografie, i racconti dei figli. Etienne Archer è un Angelo, trasfigurato dalla lotta per sopravvivere. Si inginocchia, cerca la sua mano, non fosse maciullata: «Etienne. Sei a casa.» la sua voce è bassa, mentre contiene la commozione: «La casa di Charles. Il tuo Charlie. Adesso, lascerò che si occupi di te.» prova a donargli una carezza sul viso: «I tuoi figli sono qui. Sono cresciuti, Etienne. Charles ha sposato me. Non ti hanno mai scordato. Ed ora, sei a casa. Sei dai tuoi figli. Sei dai tuoi nipoti.» cerca con gli occhi il marito: «Ti prego, fatti forza. Resta con noi. È finita, Etienne.» sposta gli occhi su tutti i feriti e disgraziati che ha per casa: «Siete liberi. Siete tutti liberi, ora.» afferma, prima di trattenere un singhiozzo, con la scusa di dover tirare su col naso.

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  7. Akrioma;
     
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    Akrioma - Melphomene
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    uando Jeliel scompare per sanare le ferite degli ennesiani e roelliani una smorfia si accentua tra le labbra della Musa come se la cosa - in fin dei conti - la irritasse in qualche modo, sacrificare l’arte per concederla ad altri. Se stessi per concedere la vita, gesto prettamente angelico che nulla ha a che fare con le scelte che prenderebbe lei.
    Lo guarda sparire, di nuovo, come secondo monito che forse non vi sarà più una terza volta o forse quella era solo la seconda?
    < Danica, ha sangue di Musa possiamo sentirlo oltre che udirlo… se è vivo > cerca di dare altri ulteriori punti di forza per avvalorare la teoria che tutto finirà per il meglio nella ricerca.
    In ogni caso al pronunciare del nome del padre di Marlene quella sensazione precisa di un discendente di Ispiratrice si snoda deciso a ricordarle chi è e dove si trova. L’angelo che lo possiede frulla intorno al suo corpo umano con una caparbia tale da tenerlo in vita e i passi di lei, di Akrioma, sono tali per cui si avvia cercando di portarsi via l’uomo - o almeno provarci - non prima di comprendere forse troppo tardi l’entità del danno che subirà da li a pochi attimi.
    Il brivido che le corre lungo la schiena è solo quello del pericolo, tuttavia Etienne è così vicino che non può davvero pensare di dover dire alla sua migliore amica che ce l’aveva quasi fatta, ma l’ha perso per colpa sua.
    L’inchino di Phobos la lascia impietrita ma la sua espressione - quella di cui si decora sempre - pare non tradirla, pare guardarlo dal piedistallo che si è creata per l’occasione - invisibile ed ideale - raccogliendo la sfida delle sue parole come un affronto personale a cui non è disposta a scendere a patti. Non ha mai avuto alcun problema nel guardare demoni, angeli o altre razze constatando che il suo ruolo si pone al di sopra di qualsiasi pregiudizio morale o meno ma quando lui si volta. Quando i frammenti di buio e quando l’aura che il bosco stesso si muovono, quando la spada viene estratta e quando il sangue macchia il suolo. Quando il sangue, ecco.
    Il sangue.
    Il sangue di musa.
    Il sangue di Etienne, padre di Marlene gocciola oltre il metallo dell’arma dell’araldo di Ixo una strana sensazione sembra percorrerla più volte come una rabbia violenta che non lascia mai andare, quella stessa sensazione che si dipana come una violenza improvvisa dall’aura della Mnem.
    Ed è forte. Com’è forte il potere che esercita, com’è forte lei stessa in ruolo di portavoce delle Muse. Tenta di correre incurante del fatto che potrebbe dare a lei stessa una spadata, alla volta di Etienne, se c’è una persona che non intende deludere è sicuramente la figlia dell’uomo che giace in condizioni terribili ai piedi dell’Araldo.
    L’angelo che possiede il corpo del Padre del Tramite del Cherubino della Morte, sembra fare il suo dovere nel tenerlo in vita e lei dal canto suo tenterà di dipingere nell’aria strati di colore un pallidissimo rosa che si mischia al sangue affinché venga assorbito rimarginando le ferite di Etienne assieme al suo tramite.
    È in quel momento in cui è presa a curare con la propria magia il corpo martoriato dell’Angelo che qualcosa pare sfiorarle la spalla, l’istinto la porta a volgersi inquadrando il viso ormai noto del suo prediletto… è un sorriso. Un sorriso vero, docile, amabile. Uno di quelli rari a cui è difficile assistere se colei che lo elargisce è proprio Akrioma. È un sorriso che non si spegne e mentre Etienne verrà presumibilmente portato al centro del cerchio per essere salvato, lei rimarrà lì.
    Lì dove c’è anche lo spirito di Mucha, la mano destra cerca di sfiorare e accarezzarne la guancia del pittore con una gentilezza propria di chi le “sue persone” le tratta differentemente. Sta quasi per chiudere le dita attorno ai suoi capelli, cercando i ricordi fisici in uno spirito che non lo è quando qualcosa pare disturbare l’idillio.
    Rami ametista compaiono stringendosi attorno al suo Intreccio con una rapidità esagerata ed è come se le strappassero via il cuore dal petto, un mugugno basso si dipana dalle labbra della Musa poco prima che le urla di Mucha giungano all’orecchio di lei.
    Uno spasmo del respiro annunciano lo sforzo fisico che la vedono sporgersi improvvisamente in un movimento che vorrebbe trattenerlo con la magia, con le mani, con il cuore, con la mente.
    Il Suo prediletto viene preso e quelle preghiere che nemmeno una divinità può ascoltare sembrano graffiare quelli che tutti pesano sia incapacità all’affezione.
    L’empatia della Prima Musa scoppia tutta insieme in una mancanza dolorosa che si allunga in ogni brandello di un’aura esasperata.
    Arrabbiata.
    Vendicativa.
    Triste.
    Malinconica.
    Inquieta.
    Implacabile.
    E c’è quel dolore della doppia perdita e il dolore, ancora, quello fisico che non sembra nulla rispetto a quello provato intimamente.
    Sbatte malamente , cade per terra, si fa del male. Inciampa, non riesce neppure a tirarsi in piedi perciò rimane lì.
    Rimane lì a fissare la stampa da cui un rivolo di sangue sgorga e che la fa imprecare; in Russo.
    In quella lingua che non conosce ma che giunge solo nei suoi deliri.
    Ha gli occhi lucidi.
    Lo sguardo ametista così liquido che se potesse impedirebbe a se stessa quel momento, c’è chi è felice.
    Chi gioioso.
    Sente Danica parlare, sente le auree e il giubilio del momento eppure lei non sente più nulla.
    < Clio. > è solo una voce sottile che si spezza persino in quelle poche sillabe < portami a casa > al tempio. < Devo prepararmi per tornare indietro > e lo dice solo a lei.
    Scriverà a Danica più tardi sicura che la Ennas capirà.

    [ Uso: Nympheas - colore "Rosa" effetto curativo ]

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    Il Sesto Regno

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    Enid Kingstone
    Be a Rainbow in someone else's cloud.
    ■ 29. 01.1990
    Scheda+ Dress
    ■ Incarnazione di Clio
    ■ Sposata e mamma.
    Enid era speranzosa, può darsi che essendo una dea, sopravvaluti la sua capacità e non si accorga, che non ha spazio. Sente qualcosa di malvagio, di oscuro e crudele avvolgerla, sprofonda in abisso senza fine, dove ogni abominio è sorto, dove qualsiasi mostro ha trionfato, dove la disperazione dilaga in un mare arido, colmato di rabbia, di orrori che sono massi informi, che vomitano terrore, che divorano paura. Non è sicura di aver gridato, ma Jeliel riesce a trarla in salvo, perché quelle immagini non arrivano al suo cuore, restano nei suoi occhi, visioni così atroci che mai oserà ispirare nei Protetti.
    La pioggia, stranamente, ricorda a Clio, il sorriso di Clarice, le carezze di Wilfred, la dolcezza di sua madre, le voci delle sorelle, la preserva dalla follia o da un lungo periodo di chiusura totale al mondo, riprende fiato.
    «No!» urla, si lancia per evitare il colpo ferale, ma Etienne cade. «Il sangue di Polimnia.» fragile persa, lo ripete qualche volta, poi il Demone le nota.
    L'inchino, lo sberleffo, non fiata. Non dice una parola, lo guarda dritto in faccia, severa, senza lacrime, senza timore. È una dea, sua è l'Ispirazione delle parole, non deve temere.
    Non ama i Demoni, adesso, li prenderebbe a sprangate sulle gengive, ma Phobos svanisce, come è apparso.
    Lei prova a rendersi utile, accompagnando una delle ferite verso il portale, usando la mano libera per guidarne un secondo, più in forze.
    «Siete arrivati.» parla con la sua voce armoniosa, capace di comunicare esattamente quel che ella desidera: «Siete al sicuro. Qualcuno vi ha ascoltati. Vi ha aiutati. Ricompensatelo con la vostra vita.» sorride, ancora un po' tremante, cercando di capire in che angolo dia meno fastidio.
    I visi sofferenti, le mutilazioni, la disperazione, sono troppo forti, deglutisce un paio di volte: «No, nessuno merita questa tortura.» mormora, la sua voce è tornata bassa, come se fosse appena stata strattonata da Jeliel: «Albert ha sbagliato. È stato anche un gran paraculo, perché ha cercato la sottana degli Angeli, ma non merita quel posto. No, lui ha tanti difetti ma non deve finire all'Inferno.» si passa la mano sulla fronte: «Io proteggerò Clarice. Io penserò a Clarice. Non la esporrò ad alcun rischio, ma se vorranno salvare Albert, mi auguro vi riescano.» sentenzia, forse al muro, al suo amico invisibile.
    Rintracciata Akrioma, coglie mezza parola in russo, ma in quel parapiglia non sa metterla in in un contesto, annuisce alla sorella, anche lei si sente strana, confusa e presto, ci sarà l'assalto degli aiuti: Angeli ovunque, lacrime, abbracci, preghiere.
    Saluterà con un cenno, Danica ed eventualmente, Charles per andarsene con la Prima Musa, deve anche anche capire che piani abbia e dare uno sguardo a sua figlia, non può restare.

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